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RACCONTI

Pubblicheremo sul nostro sito tutte le storie di mare e di vela che amici, allievi ed istruttori avranno la fantasia di scrivere e la bontà di inviarci. 

Mandate i vostri documenti in formato PDF, Word, RTF, TXT alla nostra casella info@veladoc.it e saremo felici di pubblicarli. Non esitate a scrivere!

HAKUNA MATATA 01

La Giraglia di Stefano Chini

Quel pomeriggio di giugno in ufficio tirava una strana aria, ma non era per l’afa soffocante, perchè quella ci assillava già da qualche giorno . Se solo un anno prima qualcuno ci avesse predetto che avremmo partecipato ad una delle più importanti regate del Mediterraneo, non ci avremmo creduto. Eppure quell’aria e quell’euforia da ultimo giorno di scuola erano proprio dovute all’imminente partenza per la mitica Regata della Giraglia . Il mattino seguente il nostro drizzista Giulio Casaglia ed io siamo finalmente a Sanremo. A Portosole ci attende Hakuna Matata, il JOD 35 che ci accompagnerà nell’impresa, insieme al nostro comandante Federico Almerighi di Veladoc, che ha appena ultimato con la consueta passione e precisione la preparazione della barca. Ora tocca a noi dare una mano: qualche colpo di nastro adesivo nei punti critici per proteggere le preziosissime vele da regata e via i pesi superflui da sottocoperta. Il tutto eseguito acoltando musica ed esponendo ai raggi di sole estivi il nostro colorito da impiegati, in modo da iniziare fin da subito a perdere gradualmente l’aspetto cittadino ed assumere la parvenza di esperti velisti.

Eccoci quindi pronti per il trasferimento a Saint Tropez, dove arriviamo il giorno successivo, dopo una cena e un pernottamento a Nizza, e dove ci raggiungono anche gli altri membri dell’allegro equipaggio: Gianni Berto il randista, Gabriele Cartocci e Davide Bulgarelli (detto il “Bulgaro”) i tailer, Davide Dagri prodiere insieme al sottoscritto e Roberto Ferrero il nostro tattico nonchè vice-comandante. Finalmente riuniti possiamo terminare la preparazione di Hakuna e fare qualche allenamento godendoci la splendida cornice offerta dal golfo di Saint Tropez popolato da una flotta di barche tra le più belle mai viste, di quelle che solitamente ammiri attraverso le foto delle riviste di settore, e con a bordo i velisti più forti e famosi del Mediterraneo.

Siamo pronti per i tre giorni di regate costiere. Al mattino sveglia alle 8, colazione al porto e poi subito operativi: spesa per la sera, verdura, frutta e pesce (il mercatino del pesce di Saint Tropez offre ottimi spunti) e poi subito in barca a concentrarsi per la regata del giorno. Sulla affollata linea di partenza l’adrenalina sale e si mescola con l’ammirazione per la bellezza della flotta in gara. E poi via a darsi battaglia, con la consapevolezza dei propri limiti di fronte al livello della manifestazione, ma con tanta voglia di dare sempre e comunque il massimo.

Terminata la regata si rientra in porto, dove si scambiano impressioni, battute e dove si consuma uno spuntino per stemperare la tensione accumulata in gara. E poi via, in residence, dove un bagno in piscina nel pomeriggio ormai al termine ci ricorda che in fondo siamo anche un po’ in vacanza. Uno splendido terrazzo con vista sul golfo riunisce tutto l’equipaggio nei preparativi per la cena, uno dei momenti più belli e divertenti della giornata. Il nostro comandante Federico si rivela subito abile con la padella in mano tanto quanto con la barra del timone e i pesci da lui cucinati finiscono rapidamente tra i ricordi più belli di quest’avventura.
La sera precedente la regata “lunga” l’atmosfera in residence è particolare. La riunione intorno alla carta nautica e la consultanzione dei bollettini meteo che prevedono poco vento iniziano a farci capire cosa ci attenderà nei giorni successivi.

Il momento tanto atteso è arrivato, è giovedì e si parte per la “lunga”, qualche ora di navigazione di bolina fino a Ile du Levant, dove avvistiamo una balena che ci emoziona come bambini e poi via sotto spi in direzione Corsica, dove giungiamo allo scoglio della Giraglia dopo un giorno e due notti di navigazione al lasco, alternandoci alla scotta dello spi.
La navigazione notturna è un’emozione che non dimentichi. Ci dividiamo in due turni da quattro persone e ci alterniamo ogni due ore. Il silenzio della notte è interrotto solo dal sottofondo del VHF che contribuisce con fruscio e voci a dare un sapore particolare di avventura mai provato prima.

E’ quasi l’alba di sabato e lo scoglio della Giraglia si avvicina. Comunichiamo il nostro imminente passaggio alla Nave Titano della Marina Militare che ha il compito di accertarsi che tutta la flotta passi in sicurezza il traguardo intermedio. Un’altra forte emozione ci pervade e, per un’attimo, ci fa dimenticare la fatica accumulata dopo 40 ore di navigazione continua. Sembra che la natura abbia voluto centellinare le dosi di vento per farci giungere in questo punto nel momento più suggestivo. Col diminuire della distanza da quella che prima era solo l’oscura sagoma di un isolotto, diminuisce progressivamente il buio per far spazio alle prime luci dell’alba, come un sipario naturale che lentamente si solleva per mostarci la Giraglia in tutta la sua bellezza. Tutto l’equipaggio è in pozzetto con i volti che non celano la stanchezza, ma con gli occhi che brillano di ammirazione.

Doppiata la Giraglia mettiamo la prua su Genova dove giungiamo dopo altre 19 ore di bolina.
L’ultimo sforzo, è mezzanotte, iniziano le immaginarie visioni di piatti di pasta e di dormite clamorose, le luci che illuminano la boa di arrivo si avvicinano, ma ci manca ancora un’emozione da provare: la calma piatta! Non sembra possibile, 59 ore di navigazione continua per fermarsi a poche decine di lunghezze dall’arrivo. Ogni tentativo di inventarsi il vento è vano, ci assale la preoccupazione che tale sofferenza psicologica possa protrarsi anche per parecchie ore, ma finalmente, dopo “solo” un’ora, qualcosa inizia a muoversi e una leggera brezzolina ci permette di tagliare lentamente il sospiratissimo traguardo.

E’ fatta! Andiamo all’ormeggio. Nonostante sia ormai l’una di notte, il servizio di buffet allestito dal Comitato organizzatore distribuisce ancora piatti di pasta caldi. I primi sono già arrivati da un pezzo, ma non è certo il risultato agonistico ad influenzare la nostra soddisfazione per aver comunque concluso la regata nonostante il poco vento e le condizioni molto difficili. In fondo i momenti vissuti e le emozioni provate in questa nostra prima esperienza in una vera regata d’altura hanno un valore che va al di là di ogni premio.

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Le barche hanno un'anima? di Nini Sanna

Stavo bighellonando sulla banchina di Porto Maurizio, godendomi la meritata licenza dopo nove mesi di navigazione nei mari d'Oriente. Altri avrebbero trascorso il periodo di riposo sui monti o in campagna, io non riesco ad allontanarmi dal mare. Devo odorare il salino, devo vedere le onde frangersi sul molo, devo ammirare la linea armoniosa delle barche a vela e la mole poderosa delle navi. Mi piace sentire il vento fischiare tra le sartie e il grido sgraziato dei gabbiani.

A ridosso della banchina, in un piccolo piazzale, uno scafo nero sull'invaso attrasse la mia attenzione. L'albero rotto in due pezzi appoggiato in coperta, ,il bompresso con le briglie penzolanti e le incrostazioni sulla carena dimostravano un abbandono prolungato. Mi avvicinai incuriosito dalle linee antiche e filanti. Peccato – pensai - una barca così bella lasciata a marcire. Passai la mano sui corsi di fasciame, quasi una carezza di commiserazione, e nella mia fantasia percepii una vibrazione di corresponsione. Come di cane malato che tenta di ringraziare il padrone per le sue attenzioni. Quasi per gioco iniziai a periziare la barca, con il coltello saggiai la consistenza dei legni, valutai le fessure tra i corsi di fasciame, notai che la ferramenta del timone era corrosa dalla ruggine e che lo specchio di poppa era in parte staccato dalla coperta. Non soddisfatto mi arrampicai sul ponte. Il tambucio era aperto e potei constatare che l'interno se pur angusto doveva essere accogliente prima di aver subito l'assalto del tempo e dell'incuria. Discesi con gli abiti impregnati dall'odore pungente di muffa. Il giudizio finale fu: il fasciame è sano ma attrezzatura, vele, arredi e motore (un piccolo diesel monocilindrico di marca sconosciuta) molto malandati.

Un cartello “vendesi” con un numero di telefono pendeva di sghimbescio sulla poppa. La scritta sbiadita e tremolante mi sembrò lanciare una sfida. L'accettai.

Impiegai i tre mesi di licenza e una parte della successiva per riportare la barca agli onori del mare. Il risultato delle mie fatiche si dimostrò superiore alle aspettative.. Il cutter ,con lo scafo calafatato, stuccato e riverniciato di un bel verde brillante, coperta e tuga bianche, albero sartiame e vele nuove, puntava orgogliosamente il bompresso verso il mare aperto. Il nome “Kotik” splendeva sulla poppa in lettere di bronzo antico.
Pensai con un po' di sicumera che il progettista e costruttore Costaguta che l'aveva varato nel 1923 non avrebbe trovato nulla da ridire sul restauro.
Trascorsi tutte le mie licenze navigando sul “Kotik”, quasi sempre solo. Raramente accettavo compagnia a meno che non fosse di comprovata assenza di loquacità.

La barca rimase con me per cinque anni e insieme ci divertimmo navigando in comunione totale, perdonandoci a vicenda le proprie manchevolezze.
Dovendo assentarmi per un lungo periodo pensai che non potevo abbandonare di nuovo in secca la mia amica, sarebbe ritornata ad essere un relitto. Dovevo cercare di venderla a qualcuno che la tenesse in vita.
Un possibile acquirente esisteva, Marino. Il tipo ogni volta che mi incontrava si sperticava in elogi per il “Kotik” e mi chiedeva insistentemente di portarlo a fare “due bordi”.

Senza troppo entusiasmo, un pomeriggio lo accontentai. Un robusto ponente increspava il mare , forse era la buona occasione per smorzare la sua insistenza. Non fu così. Marino si dimostrò un piacevole compagno e un buon marinaio. Non esitava ad effettuare un cambio di fiocco o una presa di terzaroli sfidando gli spruzzi con entusiasmo.

Ritornati all'ormeggio, spinse oltre la sua petulanza:
< Se ti faccio una buona offerta, mi vendi il “Kotik”?>
< No > risposi secco, ma lui non convinto insistette:
< Ti prometto che la accudirò come una figlia e, quando verrai in licenza, potrai usarla come se fosse ancora tua. >
< Ti ringrazio ma non è la stessa cosa.>

Ora ,era giunto il momento di accontentarlo, ero certo che il cutter sarebbe andato in buone mani. Cercai Marino e ci accordammo sulla vendita. Lo feci felice. Io lo ero meno, mi separavo a malincuore dall'amica che mi aveva dato tante emozioni e ore di serenità.

Qualche anno dopo tornai nel porticciolo dove avevo lasciato il “KotiK” ormeggiato al gavitello. Il gavitello galleggiava solitario. Il cutter non poteva essere in mare con quella “maestralata persa” - pensai – forse è sullo scalo per carenaggio.

Mi recai al locale cantiere nautico dove appresi la triste notizia.
Marino era ammalato, non usciva più in mare. La barca era abbandonata senza nessuno che la curasse. Non più il respiro del vento sulle vele, la carezza delle onde sullo scafo e la mano esperta sulla barra. Ferma intrappolata dalle cime di ormeggio nell'acqua morta del porto
Una notte di burrasca il “Kotik” strappò gli ormeggi logorati dalla risacca e spinta dal temporale imboccò l'uscita del porto. Come un uccello che fugge dalla gabbia, si avventurò nel mare in tempesta. La fuga durò poco, il cutter si uccise sfracellandosi su uno sperone roccioso.
Le barche hanno un’ anima…

Considerazioni sul corso di vela

Considerazioni sul Corso di Vela - di Cinzia Modena
Andare per mare, andare in barca a vela è un’esperienza personalmente già vissuta dall’età di circa 10 anni. Un’esperienza sempre vissuta allegramente e da turista per caso, mozzo improvvisato e con tanta voglia di natura, di relax e di sole.

E allora, perché mai fare un corso ?
Proprio perché ero andata tante volte in barca a vela ma avevo sempre assistito alle manovre da spettatrice, al massimo avevo timonato. E poi, all’interno della compagnia - di norma - tutti gli uomini dell’equipaggio sapevano già dove metter le mani!

L’avventura con Veladoc nasce un po’ per caso, tanti gli ingredienti: la curiosità, il mare, l’ambiente della vela, la possibilità di fare nuove conoscenze… e poi, spezzare con il “tran tran” cittadino.
A corso terminato scopro, ora come ora che, dati i presupposti, ho ricevuto tanto, anzi molto di più di quanto mi aspettassi.

Cambia totalmente l’ottica. Non sei più turista, ma agisci TU in prima persona. Non ci sono obblighi: se non te la senti, se stai poco bene, se... basta dirlo e puoi godere tranquillamente la crociera.

Vivi un’esperienza sempre nuova. Nuova perché ti alzi la mattina e non sai che tempo troverai con certezza. Nuova perché non sei solo ma ne condividi ogni momento con altre persone… e ognuno di loro sale in barca con proprie aspettative, desideri, timori… umore!! E poi ti rendi conto che, contrariamente a quanto a volte succede a terra, ogni membro dell’equipaggio ha solo voglia di stare bene e vivere una bella esperienza (ed insieme a tutti gli altri).
Penso che questo desiderio sia guidato, instradato da questo tipo di “avventura”.

In barca a vela tutto ha un termine preciso, il mare delle sue regole, che la barca asseconda e sfrutta a proprio vantaggio. Ed è qui che sta il divertimento: il piacere di capire e ricercare il modo migliore per sfruttare i capricci del mare e del vento anche quando, su un equipaggio di sei persone, cinque di queste sono alle prese con il loro “primo giorno di scuola” ...

Lo skipper nonché istruttore insegna, erudisce, vigila, corregge… tu non te ne rendi conto ma, alla fine della prima giornata, hai già imparato tanto senza fatica (anche quando non ne avevi né voglia né intenzione). Hai scoperto che c’è almeno una cosa che ti piace fare, ed una in cui te la cavi bene (e che anche i tuoi compagni sono nella stessa situazione). Ti sei stancato ma anche e soprattutto divertito, per quanto si possa esser negati… nasce un desiderio forte di migliorarsi: caspita che Soddisfazione quando si è riusciti, tutti insieme e dopo l’ennesimo tentativo, a fare una manovra correttamente! Dopo il “Give Me Five” d’obbligo, vien spontaneo sorridere, libero e felice con il vento che ti accarezza il volto, e guardare la barca mentre veleggia allegramente tra uno schizzo d’acqua e un raggio di sole. Guardare il mare indorato dai raggi del sole, i delfini che fanno festa tutt’intorno, la costa a volte lontana a volte vicina, le altre imbarcazioni con cui magari mettersi in competizione.. e pensare a quante volte avevi visto questa scena da un lungo mare, da una spiaggia o in una foto…...... da lontano.

Cosa chiedere di più? Magari un panino perché si era così concentrati che ci si è dimenticati di mangiare, magari… continuare con tanti bei momenti passati così in buona compagnia, in mare, nel rispetto della natura…
Non importa il tempo: l’importante è che ci sia un po’ di vento, e se c’è anche il sole, sei un Re! Se poi piove, beh, non è che un dettaglio secondario: con una cerata addosso…..il freddo è sconfitto e l’avventura piena di divertimento!

Alla fine la stanchezza… resta solo una sensazione che non fa a tempo a diventare un ricordo, perché sono tante altre le cose belle da registrare nel quaderno della memoria! Le risate in barca, le manovre riuscite, le comiche, le serate in compagnia, il ristoro di un caffè o di una birra alle sei del pomeriggio tutti quanti insieme al bar del porto, il sale sulla pelle abbronzata, un panino o un bel piatto di pesce fresco…l’allegria che contagia indistintamente tutti quanti!!

Un grazie di cuore lo rivolgo al team di Veladoc: tutti quanti insieme trasmettono una sana voglia di divertimento, amalgamando molto bene la professionalità e la spensieratezza, sia in barca sia a terra. Tanti sono i bei momenti di ritrovo, improvvisati od organizzati (indimenticabili sono le cene danzanti del sabato sera): tutto a favore di quel sano spirito di gruppo che condivide le esperienze vissute, la buona e cattiva sorte e che ha come fattor comune un grande amore per il mare.

Maggio 2002

Cinzia Modena

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Navigare a vela in Sardegna - di Nini Sanna

La filosofia della navigazione a vela esclude la fretta. Se si corre si vede poco e male e in Sardegna c'è tanto da vedere. Le sue coste offrono scenari che variano in continuazione come le immagini di un caleidoscopio. Il mare gareggia con la terra per stupire il navigante con le mille sfumature di blu, verde, azzurro e trasparenza opalescente. E il sole basso al tramonto lo tinge di rosso e viola sotto le rocce frastagliate di trachite. Quando scende la notte se siete in navigazione o all'ancora in una baia tranquilla la brezza di terra vi accarezza inebriandovi dei profumi della macchia mediterranea.

Le isole sono esposte a tutti i venti originati dalle differenze di pressione che si producono anche a considerevole distanza e se hanno un entroterra di notevole estensione, beneficiano anche di robuste brezze termiche. La Sardegna pur non discostandosi dalle caratteristiche generali subisce la prevalenza del maestrale, il vento fresco che soffia da Nord Ovest mitigando la calura estiva. Questa situazione meteorologica riduce al minimo la possibilità di bonacce e ne limita la durata rendendo la navigazione a vela particolarmente piacevole.

Non bisogna però mai dimenticare che intorno alle isole il tempo può cambiare rapidamente, quindi prima di lasciare l'ormeggio è bene informarsi sulle previsioni meteo, specialmente se si intende intraprendere una navigazione abbastanza lunga, o se si vuole passare la notte all'ancora.

Le fonti di informazioni sono numerose. Non è il caso di elencarle, ogni skipper ne è a conoscenza e ha le sue preferenze. Le previsioni meteo diffuse dai vari istituti meteorologici indicano i valori medi di direzione e intensità del vento e lo stato del mare previsti a breve e a medio termine per il mare aperto. Su internet è possibile avere in formazioni dettagliate anche per le zone costiere. In ogni caso è bene ricordare che la velocità del vento nelle raffiche aumenta considerevolmente. Navigando sotto costa la variabilità è accentuata dalla situazione orografica. Per esempio facendo rotta tra due promontori che delimitano un golfo, il vento proveniente da terra rinforza e si apre a raggiera, si orienta prima di prua, poi al traverso e infine al lasco, diminuisce o addirittura si abbonaccia appena superata la zona appena attraversata.

La zona più conosciuta e frequentata dell'isola è il tratto di mare che la separa dalla Corsica, noto come le Bocche di Bonifacio. Qui la costa Smeralda con i suoi marina ben attrezzati si affaccia sull'Arcipelago della Maddalena, parco naturale e zona protetta. Facendo base alla Maddalena o in un porto qualsiasi tra Santa Teresa a Ovest e Porto Cervo a Est, in poche ore di navigazione si possono visitare le isole disabitate dell'Arcipelago scoprendo acque cristalline contornate da spiagge bianchissime. Da alcuni anni per accedere alla navigazione nel Parco è necessario munirsi di autorizzazione presso gli uffici dell'Ente dislocati alla Maddalena, Palau e Arzachena. Negli stessi uffici si potrà richiedere l'uso dei gavitelli disposti in alcune delle rade più belle.

Navigando a vela tra la costa Smeralda e tra le isole dell'Arcipelago specialmente da metà luglio a fine agosto si potrà essere disturbati dal traffico di umerosi yacht a motore, ma il disturbo è largamente compensato dalla bellezza abbagliante della natura.

Il maestrale che, nelle Bocche tende a disporsi a ovest o a ovest nord ovest rinforzando di due gradi della scala Beaufort rispetto al vento che soffia al largo. D'estate raramente supera forza 4/5 ma quando si forma una depressione nel golfo del Leone può raggiungere forza 7/8 creando mare grosso sulle coste esposte. Questa situazione si riscontra normalmente intorno alla fine di agosto per poi normalizzarsi nel mese successivo che regala giornate tiepide con vento medio leggero.

Rimanendo sulla costa Nord e procedendo verso Ovest si può sostare negli accoglienti porticcioli di Isola Rossa, incastonata tra stupende scogliere, Castel Sardo ricco di vestigia Aragonesi e Genovesi ed infine Porto Torres sorto sulle rovine dell'antico porto romano. Ancora poche miglia e si può godere dell'ospitalità di Stintino, vecchio borgo di pescatori ora rinomata meta turistica e poco più Nord, superando l'isola Piana si entra nel parco naturale dell'Asinara. Qui si ormeggia ai gavitelli dei quattro campi boe disposti in insenature ben ridossate dal maestrale. Oltre ad una nuotata in acque limpidissime è d'obbligo una visita a terra dove la natura non ha ancora subito l'assalto del turismo. Tra l'altro si potranno ammirare cavalli allo stato brado, famiglie di cinghiali, la gabbianella corsa e gli asinelli bianchi. Sull'isola esistono ancora gli edifici del penitenziario ora in disuso. Si ricorda che un ergastolano ricevuta la grazia in tarda età non volesse abbandonare l'Asinara se non accompagnato da uno dei somarelli, suo unico amico nella lunga detenzione.

Continuando la crociera verso Sud, bisogna immettersi nel passaggio dei Fornelli. Esperienza indimenticabile, sembrerà di galleggiare su nuvole azzurrine che ricoprono il fondale di sabbia bianchissima. Il passaggio è praticabile solo di giorno e con tempo buono.

La costa poi si presenta alta e scoscesa fino a Capo Caccia , il promontorio incombente che ripara Alghero dai venti forti di Nord Ovest. Le violenti mareggiate che colpiscono le rocce del capo hanno scavato le famose Grotte di Nettuno che si estendono per circa quattro chilometri formando laghi interni, stalagmiti e stalattiti spettacolari, in particolare quelle della sala dell'organo. Fino a pochi anni fa le grotte ospitavano gli ultimi esemplari della foca monaca.

La cittadina che risente della sua origine catalana si affaccia con imponenti bastioni su un ampio porto, l'ultimo attrezzato se non si considera Bosa, grazioso ma precario approdo , prima di giungere nel golfo di Oristano dove si potrà ormeggiare a Torre Grande o al campo boe nei pressi delle rovine di Tharros. Le rovine abbastanza ben conservate sono i resti di una città fenicia ricostruita su un insediamento proto-sardo risalente all'era del bronzo Meritano sicuramente una visita .come pure il basso isolotto di di Mal di Ventre dove sembra di ancorare in mare aperto. Il suo nome non ha nulla a che fare con disturbi intestinali ma è il frutto dell' erronea traduzione dal sardo riportata sulle prime carte nautiche Italiane ,delle parole Malu Entu e cioè Vento cattivo.

Proseguendo si costeggia una serie di bellissime spiagge come Is Arenas, Piscina, Portixeddu, Funtanamara e tante altre. Superato Capo Alano, la costa si presenta alta e scoscesa fino all'isola di San Pietro con il suo grande porto ed il caratteristico borgo di Carloforte . Qui vi stupirà sentire parlare genovese con l'accento sardo. Le coste di questa isola come quelle di S, Antioco offrono numerose insenature poco frequentate che, in condizioni di tempo stabile, permettono rilassanti soste.

Più sicuri sono gli ancoraggi sulla costa costa Sud Ovest tra Capo Teulada e Capo di Pula, salvo nei rari giorni in cui soffia lo scirocco. In questo caso è consigliato il porticciolo di Teulada o l' ottimo e gradevole ancoraggio di Porto Malfatano.

Continuando verso Est ci si immette nel Golfo di Cagliari ,spesso ventoso, non a caso sede di numerose regate veliche. Nel golfo le possibilità di sostare all'ancora sono numerose così pure gli ormeggi nei marina. Da consigliare il porto di Cagliari per una visita al centro storico e dopo tanto mare un bagno di folla nei locali della spiaggia del Poetto, oppure, più tranquillo ,il marina di Villasimius, ultimo approdo sulla costa meridionale.
Doppiato Capo Carbonara , prua a Nord, la costa orientale si presenta con un andamento quasi rettilineo fino al Golfo di Olbia. La navigazione non presenta particolari difficoltà,

Il primo approdo che si incontra è l'ampio e ben ridossato Porto Corallo e 30 miglia più a Nord Arbatax e Santa Maria Navarrese. Procedendo e superato Capo di Monte Santo si entra nel Golfo di Orosei che si estende fino a Capo Comino. In questo tratto le alte rocce rosse che cadono a strapiombo sul mare verdeazzurro si aprono ad intervalli dando spazio a piccole insenature sabbiose raggiungibili solo dal mare. Sono frequenti le grotte sottomarine dove ultimamente sembra che siano ritornati alcuni esemplari di foca monaca. Da non perdere, Cala Goloritze, Cala Sisine e Cala Luna raggiungibili solo via mare. La possibilità di ancoraggio è limitata dallo spazio esiguo e dall'alto fondale che costringe a dar fondo molto vicino alle rocce. Per questa ragione è consigliata la sosta solo con mare calmo e di giorno.

Nel tratto tra Santa Maria Navarrese e Capo Comino l'unico porticciolo é Cala Gonone, sempre molto affollato. Oltre il Capo la costa cambia aspetto, diventa frastagliata e verdeggiante e numerosi moderni marina offrono confortevoli ormeggi. Il primo che si incontra è La Caletta, a seguire: Porto Ottiolu, Puntaldia, Porto Marana, per citarne alcuni. Per chi preferisce pernottare all'ancora non mancano le insenature ridossate con fondali buoni tenitori come Porto Brandinghi e Porto Taverna. Proseguendo verso Nord appare l'imponente isola di Tavolara accessibile solo nella piccola baia Spalmatore. Qui varrebbe la pena scendere a terra per pranzare nell'unico ristorante gestito dai discendenti del “Re di Tavolara “ e da loro farsi raccontare la storia del più piccolo regno del mondo. Se avanza tempo vi parleranno anche delle capre dai denti d'oro.

Olbia è l'ultimo porto prima della costa Costa Smeralda servita dai prestigiosi marina di Porto Cervo, Porto Rotondo, Portisco, Poltu Quatu, ferventi di vita mondana, poi Cannigione e altri minori.

La costa Nord Est della Sardegna, risente del flusso del maestrale in maniera accentuata rispetto alla costa più meridionale ma ,pur con vento forte, è raro il formarsi di mare grosso . In condizioni normali si naviga con un bel vento teso e mare quasi piatto che non impedisce anche soste all'ancora con tutta sicurezza in una delle numerose insenature. Così pure nel lato sottovento dell'arcipelago della Maddalena.Diverso è sulla coste esposte dove l'onda si gonfia rapidamente rendendo la navigazione difficoltosa.

La bellezza dei luoghi e il piacere della navigazione non deve indurre in distrazioni. La presenza di isolotti, scogli e secche necessita di una accurata scelta delle rotte e una attenzione costante. Un pizzico di brivido fa gustare di più la vacanza e ci fa sentire lupi di mare.

La Sardegna, in particolare per i velisti, ha una stagione molto lunga. Da aprile a ottobre i venti soffiano abbastanza regolarmente e i colpi di maestrale che infieriscono d'inverno sono molto rari.

I mesi migliori sono maggio e giugno quando l'isola fiorisce in una esplosione di colori e con i mesi di settembre e ottobre beneficiano di clima tiepido, di scarso affollamento e buon ultimo di tariffe scontate nei marina.

Buon vento

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Hemingway di Gianni B.

La prima cosa che faccio al mattino appena sveglio e' quella di guardare il mare.

Un po' per vedere il tempo, un po' per vedere dove sono Pietro e i Fratelli. Tutti i giorni dell'anno a parte i giorni di mare grosso, Pietro e i Fratelli sono già in mare da parecchio quando io apro la finestra, le due barche, due piccoli pescherecci sono fermi a non più di 500 metri davanti al Porto nuovo. Pietro a levante verso il Faro, i Fratelli a ponente verso Capo Nero.

I Fratelli non hanno un nome, cioè l'avranno sicuramente, ma io non lo conosco e li saluto sempre come "I Fratelli".

Alle 9 del mattino rientrano, si dirigono verso il Porto vecchio, Pietro fa una veloce manovra e si ormeggia al suo posto, tira la trappa di prua e fissa gli ormeggi a poppa.

I fratelli invece, e non ho mai capito il perché, fanno una stranissima manovra. Uno dei due, il più piccolo va a prua della barca, l'altro al timone, poi al fondo del porto puntano verso un lontano pontile, si fermano a pochi metri, innestano la marcia indietro e facendo un lunghissimo percorso un po' a zig zag si infilano tra le altre barche, quello a prua corre a poppa e fissa gli ormeggi, quello al timone corre a prua e tira la trappa. Fortunatamente va sempre tutto bene e non mi ricordo che in anni abbiano mai fatto danni ad altre barche.

Poi puliscono il poco pescato che hanno raccolto nel loro orto.

E si, perché loro il pesce non lo pescano, lo raccolgono.
In effetti tutti e tre da quando li conosco escono di notte per pescare e vanno sempre, da anni, nello stesso identico posto. Io mi immagino che loro abbiano un orto, un orto nel mare, ben delineato da paletti, recinti e cancello. Arrivano, alle quattro del mattino, aprono il cancello, entrano, calano palamiti e reti, aspettano fino alle 8 poi iniziano a salpare.

Raccolgono quello che il mare gli offre, poi chiudono i cancelli dell'orto e ritornano a terra.
Mai che nessuna delle due barche si infili nell'orto del vicino! Mai ! Sempre nello stesso posto, da anni.

Io ci scherzo, ma ho molto rispetto per questi uomini che fanno una vita dura, fatta di umidità, di freddo e di poco guadagno.

I Fratelli e Pietro riparano poco le loro reti, e questo fa bene alla pesca perché i pesci più piccoli riescono sempre comunque a fuggire ma rimangono sempre nei dintorni dell'orto.
Credo che ormai tra i pesci e i pescatori si sia instaurato un rapporto ben diverso da quello che è la pesca smisurata e distruttiva che si fa nel mondo.

Il mare quando è infuriato fa paura, fa molti danni, distrugge porti e barche, ma non ti tradisce se lo rispetti e ne conosci a fondo gli umori. Puoi sapere in anticipo quando si scatena, ti avverte prima con le correnti, con i venti, con le sue calme. Sa darti consigli se tu lo sai capire bene.

A volte mi fermo a parlare con loro, gli chiedo del tempo e del mare, a volte mi offrono il poco pescato e quando posso lo compro o glielo faccio vendere al ristorante di un amico. Persone umili, ma con una grande dignità, la dignità di chi va per mare, e rispetta il mare.

"Hemingway" e' il nome della barca di Pietro, "Salvatore" quella dei fratelli. Penso che "Salvatore" sia riferito alle grandi manovre fatte per ormeggiare, ma "Hemingway" ?

Mi chiedo se Pietro ha letto Il Vecchio e il Mare, oppure e' stato a Cuba o chissà per quale strano motivo ha chiamato cosi la sua barca..... Misteri del Mare !

Gianni Bojolo.

 

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